SPOILER SAFE: Articolo al sicuro dal rischio spoiler! – Due stagioni strepitose e ora la notizia che nel 2013 la AMC produrrà la terza stagione, dividendo i costi con Netflix, il cui intervento è stato decisivo per salvare la serie. The Killing risorge dunque dalla fossa in cui il network l’aveva sepolta, complici i bassi ascolti della seconda stagione. E tutto sommato non possiamo che esserne felici: la serie è un piccolo grande gioiello di scrittura, di regia e di recitazione.
LA TERZA SERIE SARA’ ALL’ALTEZZA? – Resta però l’incertezza sulla sua capacità di attrarre di nuovo il pubblico americano: in questo senso, le prime due stagioni sono forse state troppe, se è vero che tra la prima e la seconda gran parte dei suoi fan, fin lì fedelissimi, si sono dispersi. Colpa di un’aspettativa non soddisfatta, nel finale della prima stagione, che ha fatto arrabbiare tantissimi.
Si sa, il pubblico è impaziente. Se una serie è costruita su una storia d’amore, vuole vedere il bacio, la scena di sesso, il matrimonio. Tanto più gli autori riescono a costruire l’attesa di quel bacio, a renderla gustosa ed emozionante, tanto più il pubblico li seguirà attraverso le puntate e le stagioni. Prima o poi, però, quel bacio arriverà, e la serie inevitabilmente pagherà in termini di ascolto: gli spettatori che non aspettavano altro, ormai soddisfatti, saranno pronti a cambiare canale.
Non è diverso il discorso per un poliziesco come The Killing, costruito sulle indagini su un singolo omicidio. Scoprire chi ha ucciso Rosie Larsen è la ragione stessa dell’esistenza della serie, né più né meno di quanto lo fosse scoprire chi ha ucciso Laura Palmer in Twin Peaks.
COME TWIN PEAKS – E proprio dal paragone con la serie cult di David Lynch e Mark Frost si possono capire le ragioni della decisione iniziale della AMC di sospendere The Killing: in Twin Peaks l’assassino non fu rivelato al termine della prima stagione. Sotto la pressione del pubblico e della rete televisiva, gli autori acconsentirono a risolvere l’enigma a metà della seconda. Lynch dichiarò poi che fu una decisione sciagurata: “C’era spazio per tanti altri segreti a Twin Peaks, ma quello era il segreto che reggeva tutto”. La serie fu cancellata alla fine della seconda stagione.
Risolto il caso Larsen, anche per The Killing e i suoi tormentatissimi personaggi non ci sarebbe stato futuro, hanno pensato al network. Ora è arrivato il contrordine e la serie ritorna con un nuovo caso da risolvere: una mossa rischiosa, in cui le possibilità di successo sono basse. Troppe serie si trascinano stagione dopo stagione, e non colgono il giusto momento di dire basta. Tutto sommato però, a un prodotto di altissima qualità come questo siamo disposti a concedere il beneficio del dubbio.
LA TRAMA – Per ora abbiamo in mano due stagioni da 13 episodi semplicemente strepitose. Come l’originale serie danese Forbrydelsen, di cui è tecnicamente un remake, The Killing ha una trama avvolgente e serrata: ambientato in una buia e piovosissima Seattle, segue i 26 giorni di indagini (uno per ogni puntata) sull’omicidio di una giovane liceale. I personaggi principali sono i due detective Sarah Linden, che accetta il caso proprio nel giorno in cui stava mollando la polizia, e Stephen Holden, uno sbirro giovane che non disdegna le scorciatoie. Nel corso delle indagini, i due poliziotti indagano sulla famiglia della giovane Rosie, piena zeppa di scheletri nell’armadio, e sui suoi ambigui conoscenti e amici. Sullo sfondo scorre la storia di Darren Richmond, politico in corsa per la poltrona di sindaco della città, che viene collegato all’omicidio quando si scopre che l’auto in cui è stato ritrovato il corpo di Rosie apparteneva al suo comitato elettorale.
COSA LA RENDE UNA SUPER SERIE – Al di là della trama ben costruita, quello che lascia senza fiato di The Killing è il suo iper realismo, fondato su una sceneggiatura minimale. I dialoghi sono scritti per sottrazione: non ascolterete dalla bocca dei personaggi una parola in più di quelle strettamente necessarie, neanche un piccolo cedimento alle esigenze della narrazione. E’ sicuramente un approccio che valorizza in particolare le scene più drammatiche: il dolore del padre e della madre, fatto di silenzi, travolge e arriva dritto allo stomaco dello spettatore.
Una scrittura così asciutta rende poi indispensabile una regia e attori all’altezza, che di certo non sono mancati a The Killing. Una notizia di buon auspicio per il prosieguo della serie è la conferma nella terza stagione dei due attori protagonisti Mireille Enos e Joel Kinnaman: a quanto pare, il fatto che avessero già firmato il contratto per un’eventuale terza stagione ha non poco facilitato le trattative tra AMC e Netflix.